Un tumore alla gola gli impediva di respirare. Neonato salvato con la procedura ‘EXIT-to-ECMO’

Non avrebbe potuto respirare in presenza della massa tumorale di grandi dimensioni venutasi a formare all’altezza della gola. È una storia di rinascita quella del neonato salvato all’Ospedale Fatebenefratelli di Roma da un’équipe multidisciplinare coordinata dagli specialisti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. L’operazione chirurgica di rimozione del tumore è stata eseguita immediatamente dopo il parto, quando il piccolo era ancora avvolto nella placenta, per una durata complessiva di 7 ore. Oggi, trascorsi quattro mesi, il paziente è tornato a casa con i suoi genitori.

Come spiegano dal nosocomio della Santa Sede, il bimbo nato con la procedura EXIT-to-ECMO aveva sviluppato nella vita intrauterina una massa tumorale benigna ma a crescita ‘tumultuosa’, compatta e voluminosa. Il tumore, localizzato sul collo (dal mento alla spalla), era grande quanto la testa del piccolo paziente e aveva ormai inglobato i vasi arteriosi (carotide) e la via respiratoria (trachea). Per queste caratteristiche, la massa avrebbe impedito al bambino di respirare da solo al momento della nascita e avrebbe impedito anche ai medici di procedere con l’intubazione o con la tracheotomia (apertura chirurgica della trachea) per consentire la respirazione, procedure estreme ma “standard” in circostanze simili. Nel corso della gestazione, la mamma è stata assistita dagli specialisti del Bambino Gesù che hanno seguito l’evoluzione del tumore nel feto e progrmmato il momento del parto preparandosi a tutte le evenienze.

La complessità del caso del piccolo paziente ha indotto le équipe mediche ad attivare per la prima volta in Italia la procedura EXIT-to-ECMO (EXIT finalizzata all’ECMO) che ha consentito al neonato di continuare a vivere e di preservare la normale funzione del cervello, messa a rischio dall’impossibilità di respirare.

Il parto in EXIT (EX-utero Intrapartum Therapy) consiste nell’estrarre parzialmente il feto dalla pancia della mamma, tramite taglio cesareo, mantenendolo connesso a cordone ombelicale e placenta che continuano, così, ad assicurare la circolazione e l’ossigenazione del sangue del bambino. Questa procedura concede ai chirurghi un breve intervallo di tempo (circa 40-50 minuti), prima di dover completare il parto con il clampaggio del cordone ombelicale, durante il quale si possono eseguire manovre come l’intubazione o la tracheotomia per supportare la funzione respiratoria del bambino.

Nel caso specifico, considerati volume e consistenza del tumore che impedivano il rapido accesso alle vie aeree con le tecniche ‘convenzionali’, l’unica possibilità per il piccolo era la circolazione extracorporea (ECMO – Extra Corporeal Membrane Oxigenation). Il posizionamento della macchina cuore-polmone che sostituisce, dall’esterno, la funzione respiratoria e cardiaca, è una manovra chirurgica molto delicata e complessa, ancor più in contesti di emergenza: in tempi brevissimi, prevede l’apertura del torace del bambino (in questo caso ‘in EXIT’, ovvero non del tutto nato) e l’inserimento all’interno dei grossi vasi sanguigni vicino al cuore di due cannule collegate al macchinario. Dopo aver avviato la circolazione extracorporea, il parto cesareo è stato portato a termine.

Alessandro Notarnicola
Alessandro Notarnicola
Mi occupo di giornalismo e critica cinematografica. Dopo la laurea in Lettere e Filosofia nel 2013, nel 2016 ho conseguito la Laurea Magistrale in "Editoria e Scrittura". Da qualche anno mi sono concentrato sull'attività della Santa Sede e sui principali eventi che coinvolgono la Chiesa cattolica in Italia e nel mondo intero.

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