Questo sito Web utilizza i cookie per offrirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito web e aiutando il nostro team a capire quali sezioni del sito web trovi più interessanti e utili.
Tavola degli italiani, aumenta il consumo di alimenti ultra-processati

È aumentato in Italia il consumo di alimenti ultra-processati (Upf), che sebbene in termini di peso rappresentino solo il 6% del totale del cibo consumato, contribuiscono al 23% dell’apporto energetico giornaliero. È questo uno dei dati emersi dalla ricerca coordinata da Laura Rossi, direttrice del Reparto Alimentazione, Nutrizione e Salute dell’Istituto superiore di sanità (Iss), che ha analizzato l’evoluzione dei consumi alimentaridella popolazione italiana dal 2010 ad oggi.
Gli alimenti ultra-processati sono prodotti industriali oggetto di non poche trasformazioni, che contengono spesso additivi come coloranti, aromi, emulsionanti e conservanti. Questi alimenti, ricchi di zuccheri, grassi e sale, ma poveri di nutrienti essenziali, sono associati a un aumento del rischio di obesità, malattie cardiovascolari, diabete e alcuni tipi di cancro
Lo studio, pubblicato sulla rivista Frontieres in Nutrition, indica un eccesso di consumi di alimenti di origine animale, in particolare la carne rossa e i salumi, e uno scarso consumo di alimenti vegetali e in particolare di fonti di proteine vegetali, come i legumi.
Gli autori dello studio hanno valutato la qualità della dieta degli italiani sulla base di dati raccolti tra il 2005–2006 e tra il 2018–2020 sulla base di un campione di 2.313 adulti e 290 anziani nel 2005-2006 e di 726 adulti e 156 anziani nel 2018-2020 con una proporzione del 50% tra maschi e femmine, utilizzando l’Adherence to Italian Dietary Guidelines Indicator (Aidgi) e il World Index for Sustainability and Health (Wish2.0). I punteggi ottenuti applicando i due indicatori si attestano intorno al 50% del massimo teorico, un dato che indica chiaramente l’esistenza di ampi margini di miglioramento della nostra alimentazione.
Si evince che gli italiani tra i 65 e i 74 anni, le donne in particolare, seguono abitudini alimentari più sane di quanto non facciano gli adulti (18–64 anni). E mentre nel tempo gli anziani hanno migliorato la loro alimentazione (+5,6% Aidgi e +2,8% Wish2.0), gli adulti hanno mostrato un peggioramento della dieta (−5,9% Aidgi e −5,1% Wish2.0).
“La categoria degli alimenti ultra-processati – informa la direttrice del Reparto Alimentazione Nutrizione e Salute dell’Iss – comprende una vasta gamma di prodotti, la cui eterogeneità compositiva e tecnologica rende difficile un giudizio univoco sul loro impatto sulla salute. In Italia, dove il consumo di Upf è ancora relativamente contenuto ma in crescita, le Linee guida nutrizionali dovrebbero evolvere verso un approccio più sfumato, che non si limiti a demonizzare il livello di trasformazione, ma valorizzi la qualità nutrizionale e la matrice alimentare. I dati mostrano infatti che alcuni sottogruppi di Upf, come i cereali integrali o le alternative vegetali alla carne, possono persino associarsi a un rischio inferiore per la salute rispetto ad altri come le bevande zuccherate o certi prodotti animali ultra-processati. Questo indica la necessità di una strategia di sanità pubblica che non sia binaria, ma che consideri anche gli ingredienti, i pattern di consumo e i contesti culturali dell’alimentazione.