ONCOLOGIA: STOP ALLA PAURA! PREVENIRE È MEGLIO CHE CURARE

Oncologia: prevenire è meglio che curare

A volte capita che il corpo mandi dei segnali che  qualcosa non va nella nostra salute, ma spesso, per pigrizia ma soprattutto per timore, si tende a ignorarli e a sottovalutarli. Nulla di più sbagliato perché in oncologia la tempestività è importantissima e una diagnosi precoce può fare la differenza sulla percentuale di sopravvivenza.
Oncologia: prevenire è meglio che curareL’University College di Londra in collaborazione con una delle più influenti associazioni oncologiche britanniche, la Cancer Research Uk, ha recentemente condotto un’indagine su quanto la paura possa influenzare la decisione di rivolgersi o meno ad uno specialista dopo che il corpo ha mandato dei segnali importanti tali per cui il benessere psico-fisico è venuto meno. Lo studio ha testato oltre 1.700 inglesi, molti dei quali presentavano dei problemi di salute ma, secondo il loro punto di vista non tanto importanti da porli all’attenzione del medico. È risultato che circa la metà del campione non ha voluto affrontare la situazione mentre l’altra è riuscita, grazie anche al contributo delle campagne di sensibilizzazione e ai consigli delle persone care, ad abbattere la gabbia della paura e si è sottoposta ad accertamenti approfonditi.
Uno dei pilastri su cui si fonda l’attività di Mutua Basis Assistance è la prevenzione perché la Salute dell’individuo e la sua capacità di vivere nel proprio contesto sociale sono determinate da un stile di vita sano e dal proprio benessere psico-fisico.
La prevenzione guarda alla persona e alla comunità per promuoverne la salute, potenziando i determinanti positivi e riducendo quelli negativi, individuando precocemente fattori di rischio e rimuovendoli, nonché diagnosticando precocemente le patologie al fine di assicurare una migliore aspettativa di vita, anche mediante percorsi assistenziali e riabilitativi adeguati. Mutua MBA, per capire meglio quali possono essere i risvolti psicologici di una persona che per paura preferisce ignorare e sottovalutare i problemi di salute che potrebbero, come anche no, pregiudicare l’aspettativa di vita, ha intervistato la dottoressa Paola Vandelli, psicoterapeuta e Direttrice del Servizio di Formazione e Aggiornamento- Settore Psicologia occupazionale e della salute dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, eccellenza in campo nazionale che opera a sostegno e supporto dei pazienti nel loro iter diagnostico-terapeutico e dei loro familiari e inoltre affianca, con la formazione e il coaching, il personale sanitario dedicato agli atti di cura.

Dottoressa Paola Vandelli

Paola Vandelli, psicoterapeuta e Direttrice del Servizio di Formazione e Aggiornamento- Settore Psicologia occupazionale e della salute dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena


 
Dottoressa Vandelli, cosa ne pensa dellindagine inglese? La paura risulta essere il peggiore dei mali. Anche in Italia, secondo la sua esperienza, c’è unalta percentuale di persone che per mancanza di coraggio preferisce non affrontare la verità?
 
“Sarebbe necessario conoscere bene il disegno di ricerca per capirne esattamente la struttura, in linea di principio mi sembra, comunque, di grande interesse e attualità porre l’ attenzione a tutti quegli aspetti collaterali che possono ostacolare un eventuale percorso di diagnosi e cura.
Sicuramente quanto segnalato dalla ricerca corrisponde anche alla nostra esperienza clinica anche se, negli ultimi anni, stiamo notando una riduzione parziale di questo fenomeno. Capita, comunque, che alcuni pazienti arrivino al Centro Oncologico Modenese in uno stadio avanzato di malattia seppur in presenza di sintomi abbastanza chiari e definiti. In questi casi, dai colloqui che effettuiamo per la presa in carico dei pazienti abbiamo la conferma che la “paura della malattia” è uno degli elementi determinanti per il non riconoscimento dei sintomi/segnali del corpo. Molto spesso questi pazienti hanno  uno scarso supporto sociale, supporto che nella maggior parte dei casi ha una funzione propositiva verso gli atti di cura”.
 
 
Tutto, o quasi tutto, si può curare ma la paura è un paziente davvero difficile da trattare. Ha un potere così forte da riuscire a condizionare lessere umano a non sottoporsi ad una diagnosi precoce che potrebbe salvargli la vita?
 
“Più che la paura in quanto tale, direi che è la reazione alla stessa che può determinare comportamenti diversi a seconda di alcune determinanti, tra queste: la struttura di personalità dell’individuo, il suo sistema di regole e valori, il suo contesto/supporto sociale, il suo ruolo in seno alla famiglia e al contesto professionale se ancora attivo. La paura, quindi, può generare reazioni diverse a seconda delle persone: può indurre “negazione”, cioè attivare un meccanismo di difesa inconscio che spinge l’individuo a negare l’esistenza dei campanelli d’allarme o addirittura dei sintomi conclamati; può, invece, spingere l’individuo a ricercare quanto più in fretta possibile una risposta ai suoi dubbi. Possiamo quindi sostenere che la paura può generare un meccanismo di “fuga dalla realtà” (il mettere la testa sotto la sabbia)”
 
Quanto è importante la prevenzione?
 
“La prevenzione resta un’arma importante , farei, però, un distinguo tra prevenzione primaria e prevenzione secondaria; fondamentale la prevenzione primaria intesa come attività di educazione sanitaria e terapeutica, ad esempio sugli stili di vita sani. Insistere su queste campagne di informazione può essere molto utile perché si affrontano temi conosciuti da molti (gli stili di vita, l’alimentazione,etc.) e non si parla di malattie, in questo modo si allontanano le difese psicologiche determinate dalla paura.
Parlando, invece, di prevenzione secondaria è inevitabile affrontare il tema della malattia che può, come abbiamo visto determinare reazioni difensive di fuga; spesso la mancata partecipazione ai programmi di screening dipende proprio da questo aspetto”.
 
Quali sono i campanelli dallarme ai quali bisogna prestare la massima attenzione? 
 
“Non è certo il caso di fare un elenco troppo lungo e comunque approssimativo, credo che sarebbe sufficiente che le persone ascoltassero il proprio corpo, lo guardassero e lo toccassero, come una madre è la miglior pediatra del proprio figlio, così ognuno di noi è un profondo conoscitore del proprio corpo. Leggere i segnali, soprattutto se non riconducibili ad eventi specifici (una caduta, una influenza, etc.)  potrebbe essere sufficiente. Serve naturalmente una percezione attenta unita ad un equilibrio generale”.
 
Non sempre però questi segnali riconducono alla presenza di un tumore. Quali sono i suoi consigli?
 
“Fortunatamente è proprio così, la cosa migliore in caso di sintomi/segnali è quella di prendersi qualche giorno di tempo per valutarne la persistenza e rivolgersi per una semplice consulenza al medico di medicina generale che, conoscendo il paziente può leggere il sintomo in modo più distaccato, quindi più adeguato”.
 
E a voi è mai capitato di sottovalutare e trascurare  un anomalo disturbo per paura di scoprire se dietro si celava o meno un problema di salute serio?
 
Prevenire è sempre meglio che curare, e allora quando vedete che c’è qualcosa che non va, anche un cambiamento improvviso, prendete coraggio e parlatene con il vostro medico di fiducia che sicuramente saprà rassicurarvi e/o consigliarvi degli accertamenti da effettuare. Insomma, una “controllatina” in più non guasta mai! Occhio però a non diventare dei malati immaginari!

Nicoletta Mele
Nicoletta Mele
Laureata in scienze politiche. Dal 2001 iscritta all’ Ordine Nazionale dei Giornalisti. Ha collaborato con testate giornalistiche e uffici stampa. Dopo aver conseguito il master in “ Gestione e marketing di imprese in Tv digitale”, ha lavorato per 12 anni in Rai, occupandosi di programmi di servizio e intrattenimento. Dal 2017 è Direttore Responsabile di Health Online, periodico di informazione sulla sanità integrativa.

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