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Ogni anno in Italia 4 mila persone si tolgono la vita. Il racconto in un podcast

Ogni anno oltre 700mila persone nel mondo si tolgono la vita. Nel nostro paese, come riportato dal report più recente a cura dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, si contano circa 4 mila suicidi annui, a cui si aggiunge un numero ancora maggiore di tentativi. Il fenomeno colpisce in modo particolare due fasce fragili della popolazione: gli anziani e i giovani tra i 15 e i 34 anni, per i quali nel 2021 è stato registrato un preoccupante incremento del 16%. Dietro ogni cifra, però, c’è una storia, spesso una richiesta inascoltata, un bisogno profondo di attenzione, empatia e ascolto.
È proprio per rompere il silenzio che ogni 10 settembre si celebra la Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio, promossa dall’Oms e dall’International Association for Suicide Prevention. Un’occasione per riflettere su quella che è una vera e propria emergenza sanitaria e sociale, e che nel triennio 2024-2026 si concentrerà sul tema ‘Cambiare la narrazione sul suicidio’.
Parlare di suicidio non significa alimentare la disperazione, ma al contrario fornire strumenti, creare connessioni e generare consapevolezza. In questa direzione si muove il progetto del podcast ‘Parlami di Te’, prodotto da Éthos Srl con il contributo non condizionante di Angelini Pharma. Ideato e condotto dalla giornalista medico-scientifica Johann Rossi Mason, il podcast dà voce a chi ha perso una persona cara per suicidio – i cosiddetti survivor – e ha trovato il coraggio di condividere la propria esperienza per aiutare gli altri. Le testimonianze raccontano il dolore, ma anche la possibilità di ricostruirsi, sottolineando quanto sia vitale creare uno spazio dove il dolore possa essere espresso, compreso e accolto.
“La prevenzione del suicidio – informa il professore Maurizio Pompili, direttore di Psichiatria all’Azienda ospedaliero-universitaria Sant’Andrea di Roma – riguarda tutti noi. Lo stigma rappresenta uno dei principali ostacoli alla richiesta di aiuto. È fondamentale che ogni persona si senta ascoltata e sostenuta. Per prevenire un gesto estremo servono consapevolezza, formazione e ambienti accoglienti, dove il disagio possa emergere senza paura. Chi soffre lancia segnali, spesso difficili da interpretare. Imparare a riconoscerli è il primo passo per salvare una vita.
Modificare la narrazione significa passare dal giudizio alla comprensione, dal silenzio alla parola, dalla solitudine alla relazione. Solo così si può davvero iniziare a costruire una cultura della prevenzione.