La toxoplasmosi è una malattia parassitaria diffusa fra tutti gli essere viventi. Responsabile di tale patologia è un protozoo endocellulare chiamato Toxoplasma gondii e appartenente al gruppo degli APICOMPLEXA.
In particolare, l’uomo si può infettare tramite il contatto con animali infetti, specialmente gatti, oppure deglutendo alimenti crudi, in particolar modo soprattutto carne suina ed ovina cruda, contaminato dal parassita o dalle sue stesse uova.
Infatti, il
parassita viene eliminato dalla cottura dei cibi e, se il soggetto che contrae
una toxoplasmosi è caratterizzato da un sistema immunitario molto efficiente,
rimane protetto per tutto l’arco della vita dato che il suo organismo
concepisce anticorpi e linfociti specifici per tale malattia.
Purtroppo,
in particolari condizioni, il sistema immunitario umano può andare in crisi e
diventare inefficace nel contrastare questo parassita pericoloso. È il caso, per
esempio, dei pazienti immunodepressi perché positivi all’HIV e, come tali,
suscettibili a numerose ricadute e complicanze.
I sintomi
della malattia sono numerosi, dato che la toxoplasmosi può colpire reni,
fegato, ossa, polmoni, sistema nervoso ed occhi. La forma frequente è quella
linfoadenopatica, caratterizzata dalla contemporanea presenza di febbre non
elevata, astenia, anoressia, esantemi.
Generalmente
i sintomi della toxoplasmosi compaiono da una settimana ad un mese dopo il
contagio.
In molte
persone immunocompetenti la malattia è del tutto asintomatica e viene
prontamente bloccata dal sistema immunitario.
Nondimeno,
la toxoplasmosi in individui di sesso femminile, può provocare aborti o ritardi
mentali al feto. In particolare, se la donna viene infettata nelle prime
settimane di gravidanza, la placenta è capace di garantire una buona
protezione, ostacolando il passaggio del toxoplasma al feto. Tuttavia, nei
pochi casi in cui questa difesa non funziona, i danni per il bambino possono
essere molto gravi, fino a riversarsi nell’aborto o in gravi ritardi mentali.
Il pericolo
di trasmissione materno-fetale di Toxoplasma è basso all’inizio della
gravidanza (5-15% nel primo trimestre) e progredisce con l’aumentare dell’età
gestazionale (20-40% nel secondo trimestre e 50-60% nel terzo trimestre).
Il rischio
di malattia severa nel feto, tra cui lesioni cerebrali e oculari, è maggiore se
la trasmissione si verifica nella prima metà della gravidanza; mentre a fine gestazione
non causa danni fetali evidenti alla nascita.
Solamente
il 5-10% dei neonati con infezione congenita presenta malattia severa, a
differenza della maggior parte dei bambini con infezione congenita che risulta
essere asintomatica, pur potendo sviluppare anche a distanza di anni patologie
oculari da tenere costantemente sotto controllo.
Passato il
primo trimestre di maternità, la trasmissione della malattia attraverso la
placenta diventa sempre più frequente, ma la serietà dei danni che essa provoca
si riduce progressivamente.
Nel caso in
cui si contragga la toxoplasmosi durante la gravidanza è possibile bloccare la
trasmissione dell’infezione al feto con specifici trattamenti antibiotici. Il
farmaco maggiormente preso in considerazione è lo spiramicina.
Esistono anche
delle combinazioni di antibiotici in grado di impedire l’evolversi della
malattia. Se la diagnosi è precoce ci sono, pertanto, ottime probabilità che il
bambino non subisca danni o che questi siano molto modesti.
Se la gravidanza viene programmata, un semplice test da effettuare prima di iniziarla (Toxo-test) può evidenziare la presenza di anticorpi specifici per la toxoplasmosi ed il grado di suscettibilità della madre alla malattia. In caso contrario, tale test va eseguito ugualmente entro le prime otto settimane di gestazione.