La Voce di MBA

Un nuovo punto di vista sulla relazione fra peso e malattie cardiache

Le vacanze di Natale, si sa, portano spesso a stravizi e aumento di peso.

Se si tratta di una cosa passeggera, nell’ambito comunque di un regime alimentare e di uno stile di vita sani e regolari, poco male: sarà facile tornare in forma. Ciò che invece è molto importante è tenere sotto controllo l’andamento del peso sul medio e lungo termine.

Infatti, un recente studio dell’ospedale universitario statunitense Johns Hopkins, pubblicato a novembre sul Journal of the American Heart Association, suggerisce ai medici di informarsi sempre, in fase di check-up, del peso dei pazienti in momenti precedenti della vita.

Perché?

Come spiegato dai ricercatori, sembra sussistere un legame molto concreto fra l’età di inizio del sovrappeso e dell’obesità, la durata del periodo di obesità e l’insorgenza di eventuali problemi cardiaci.

In altre parole, la semplice domanda sull’andamento del peso sin dall’età giovanile costituisce un potenziale strumento poco costoso e ad elevato valore aggiunto che consente ai medici di capire come indirizzare e trattare i pazienti più anziani, soprattutto nel mondo di oggi nel quale succede frequentemente di essere seguiti in strutture diverse da specialisti diversi, con il rischio di non riuscire a raccogliere tutte le informazioni e le cartelle cliniche accumulate nel tempo, perdendo informazioni preziose, spiega il comunicato stampa: “Il rischio di problemi cardiaci cresce con il crescere del valore del peso rilevato in fasi diverse della vita del paziente, ovviamente in combinazione con altri fattori di rischio di malattia cardiaca misurabili”. Non sono quindi il solo sovrappeso o la sola obesità in sé a costituire un fattore di rischio, ma il periodo di tempo durante il quale il paziente è stato obeso: “È stato riscontrato che le persone diventate obese di recente sono esposte a un rischio inferiore di malattia cardiaca. Lo studio sottolinea l’importanza di mantenere un peso corretto nel corso dell’intero arco di vita, poiché un peso eccessivo accumulato progressivamente sin dalla giovane età pone rischi maggiori per la salute del cuore”.

I ricercatori hanno basato lo studio sull’analisi dei dati precedentemente raccolti anni dal MESA (Multi-Ethnic Study of Atherosclerosis) su un ampio gruppo di pazienti di età compresa fra i 35 e gli 84 reclutati in tutti gli Stati Uniti fra il 2000 e il 2002. I partecipanti, per il 53% donne, hanno inizialmente compilato un modulo riportando il proprio peso a 20 e 40 anni e sono stati successivamente seguiti in media per 13 anni. In questo periodo, l’andamento del loro peso ha continuato a essere tracciato nel corso di cinque controlli medici diretti. Al termine dell’ultimo controllo di tutti i partecipanti, è stato rilevato che coloro che sono aumentati di peso nel corso dei 13 anni di studio sono stati esposti a un rischio crescente quantificabile di insorgenza di insufficienza cardiaca, e soprattutto che chi ha riportato una storia personale di obesità a 20 anni, ha visto triplicare il rischio di insorgenza di insufficienza cardiaca rispetto a chi in quella fascia di età ha riportato un peso nella norma, a parità di altri fattori.

Attacchi cardiaci, ictus e malattie cardiocircolatorie in genere sono da 15 anni al primo posto nella classifica WHO delle cause principali di morte nel mondo, con un numero totale di pazienti deceduti pari a oltre 15 milioni nel 2016. Oltre la metà delle persone che soffrono di insufficienza cardiaca muoiono entro cinque anni dalla diagnosi negli Stati Uniti, secondo i Centers for Disease Control and Prevention. L’insufficienza cardiaca è la condizione provocata dal progressivo indebolimento e rigidità del muscolo cardiaco, con conseguente ridotta capacità di pompare il sangue in maniera adeguata. I criteri normalmente utilizzati per tenere sotto controllo i rischi di malattia cardiaca  e arresto cardiaco consistono nella misurazione della pressione sanguigna e del valore di colesterolo, nella valutazione del livello di attività fisica effettuata, nell’esame della storia familiare, della dieta e del peso, come specificato nello studio. “Per quanto la misurazione del peso in fase di controllo sia importante”, ribadiscono i ricercatori, “la storia dell’andamento del peso nell’intero arco di vita fornisce informazioni maggiori: obiettivo della ricerca era anche la definizione di un metodo pratico da utilizzare regolarmente in ambito clinico per raccogliere tale tipo di informazioni, non determinare relazioni di causa ed effetto o determinare l’accuratezza del peso auto-riportato dai pazienti in giovane età”.

Pur tenendo conto del fatto che comunque quanto riferito può essere imperfetto, proseguono, “anche solo porre la domanda risveglia l’autoconsapevolezza del paziente invogliandolo a prendersi maggiore cura del proprio peso e del proprio stile di vita sin dalla giovane età e soprattutto risulta utile nell’analisi dei rischi”, e concludono spiegando come sia importante a questo punto capire in che modo integrare formalmente la domanda sull’andamento del perso nel corso dell’intero arco di vita all’interno delle cartelle cliniche e nella pratica clinica standard.

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