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COVID-19, 148 medici morti in Italia, arriva la lettera indirizzata al Paese

Si rischia l’effetto “lista della spesa” dimenticando che si parla di uomini e di donne la cui vita è stata strappata dall’emergenza epidemiologica in corso in Italia e nel mondo. Il Covid-19 ha tolto la vita a 148 medici in tutta Italia (a fine marzo erano 50), un dato contabile impressionante destinato ad aumentare considerando che i più contagiati lavorano nelle strutture sanitarie (medici, infermieri, operatori socio-sanitari). L’Italia è in guerra, una guerra che vede sul fronte i professionisti della salute pronti a sacrificarsi per garantire le cure migliori a tutti i pazienti Covid e NoCovid.

L’elenco dei loro nomi è stato pubblicato sul sito listato a lutto della Federazione nazionale dell’ordine dei medici e degli odontoiatri.

Cinquanta medici e specialisti hanno firmato in queste ore una lettera aperta indirizzata a tutti gli italiani per evidenziare errori molto diffusi che sovente condizionano la comunicazione sul Covid-19: attenzione al bisogno sociale di trovare un responsabile per ogni evento, a non trarre conclusioni affrettate o basate su fragili fondamenta. Nella lettera precisano che la comunicazione è parte integrante della gestione e della cura di una pandemia dalla portata mai vista in Italia. “Trarre conclusioni a partita in corso – si legge nella lettera che porta la prima firma di Stefano Fagiuoli, direttore del Dipartimento di Medicina dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo – è la cifra distintiva dell’approccio generale (addetti ai lavori, istituzioni, politici, popolazione generale, media) che abbiamo osservato fin dall’inizio di quella che poi si è rivelata una pandemia”. Un errore frequente, come il trarre rapide conclusioni poggianti su fragili fondamenta. “Il primo clamoroso errore di attribuzione di responsabilità è l’aver immediatamente associato la numerosità dei contagiati di un’area come metro di paragone della qualità del sistema sanitario dell’area stessa”.

Ci sono stati poi molti aspetti oggetto di “ardite comparazioni”, dal numero dei positivi all’eccessivo tasso di ricoveri, dall’alta letalità di alcune zone alla percentuale dei guariti: tutti parametri che necessitano un denominatore adeguato a partire dal quale esser conteggiati. La soluzione di una pandemia di questa portata, affermano, “è socio-epidemiologica, cioè basata sull’isolamento personale (e non familiare). Ma questo implica il credere fermamente nel principio che la comunicazione sia pienamente parte del processo di gestione e cura di questa pandemia”. Poi la preghiera a tutte leparti della comunità scientifica di evitare in questo contesto ogni tipo di polemica e di abbassare i toni ed evitando i personalismi.

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