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Referendum, quali novità per la sanità pubblica?

Il 4 dicembre si voterà il referendum costituzionale. Cosa potrebbe cambiare per la sanità pubblica?

Tra qualche giorno, il 4 dicembre, i cittadini italiani saranno chiamati alle urne per votare il referendum Costituzionale. La riforma Renzi-Boschi prevede principalmente la riforma del Senato – la fine del bicameralismo perfetto –  e punta a ridefinire le competenze fra Stato e Regioni.
I risultati avranno un impatto anche sul futuro della Sanità Pubblica, che rientra tra le principali voci di spesa statali ( si stima circa il 15% del bilancio totale) ed è uno dei diritti fondamentali inseriti in Costituzione (art. 32): chi opterà per il Sì, voterà per una sanità più centralizzata, chi invece deciderà per il No voterà per mantenere la maggiore autonomia delle Regioni.
La normativa vigente, nata dalla riforma del Titolo V del 2001, attribuisce i poteri legislativi allo Stato e alle Regioni nelle diverse materie e ha introdotto il concetto di legislazione concorrente, prevedendo che, per determinate materie, sanità compresa, lo Stato determini i princìpi fondamentali e le Regioni possano legiferare in piena autonomia, pur nel rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dall’ordinamento della Comunità europea e dagli obblighi internazionali, e nel rispetto dei princìpi fondamentali individuati dalle leggi statali.
In sostanza, lo Stato detta i princìpi generali, mentre le Regioni hanno potestà legislativa, ovvero si fanno carico di applicarli concretamente. Per la sanità, questo sistema ha generato 21 sistemi sanitari diversi, perché ogni Regione applica il diritto alIl 4 dicembre, i cittadini italiani saranno chiamati alle urne per votare il referendum Costituzionale. Cosa potrebbe cambiare per la sanità pubblica?la salute sulla base delle proprie finanze, tramite i Livelli essenziali di assistenza (Lea), la maggior parte dei fondi stabiliti ed erogati dallo Stato.

I Lea, infatti, sono stabiliti dal governo centrale, ma sono le Regioni, nel concreto, ad applicarli. Le Regioni, inoltre, possono decidere, se ne hanno i fondi, di erogare anche servizi aggiuntivi: c’è chi eroga servizi che altre non offrono, oppure chi fa pagare ticket per determinate prestazioni che altre invece ergono gratuitamente.
Questo sistema ha creato degli squilibri che, per avere cure migliori a prezzi inferiori, hanno portato alla nascita e allo sviluppo del turismo sanitario, sia in Italia che all’estero.
Nel caso in cui vincesse il Sì, la situazione cambierebbe: la Sanità resterebbe in mano allo Stato, che avrebbe così una maggiore responsabilità, negli intenti del legislatore, per garantire più uniformità nell’erogazione delle prestazioni sanitarie, e nella determinazione dei livelli essenziali di assistenza. Alle Regioni resterebbe la programmazione e l’organizzazione dei servizi sanitari regionali, secondo scelte e strategie autonome. In sostanza, spetterebbe allo Stato decidere, mentre alle Regioni solo mettere in pratica le decisioni. L’obiettivo della riforma, quindi, è quello di tornare ad un sistema centralizzato, in modo tale che non vi siano più differenze tra le varie Regioni, attraverso l’imposizione dei prezzi standard nell’erogazione di servizi e prestazioni. Attualmente, l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS) sta monitorando i prezzi regionali, per trovare un prezzo medio per tutti.
In vista del referendum, il dibattito è acceso fra il fronte del Sì e quello del No. Per i sostenitori del no, la riforma sarebbe un ritorno al passato: tornando ad accentrare materie che, nel riordino effettuato nel 2001 con la Riforma del Titolo V, erano state assegnate alle Regioni, potrebbe portare all’eccesso opposto, cioè a un centralismo non funzionale all’efficienza del sistema. Lo Stato, infatti, attraverso la clausola di supremazia, potrebbe riaccentrare qualunque competenza regionale anche in Regioni che si sono dimostrate più virtuose dello Stato stesso, contraddicendo tanto l’efficienza quanto il fondamentale principio autonomistico sancito all’articolo 5 della Costituzione, secondo il quale si dovrebbero riconoscere e promuovere le autonomie locali. Ci si avvia verso la destituzione del pluralismo istituzionale e della sussidiarietà. Senza oltretutto tralasciare il fatto che già lo Stato decide, con la manovra di bilancio, quanti fondi stanziare, o tagliare, per la sanità pubblica: sostanzialmente, per i sostenitori del no, da questo punto di vista cambierebbe poco.
Cosa succederà dopo il 4 dicembre? Come si cureranno gli italiani? Continueranno le disparità e le disuguaglianze di cure e assistenza che si sono registrate da regione a regione in questi anni?
I cittadini chiedono un servizio sanitario più efficiente, e si vuole riportare il diritto alla salute al centro della salute di ogni individuo. Ne sono un esempio i vantaggi dei sussidi sanitari offerti da Mutua Mba, società di Mutuo Soccorso, creati appositamente per rispondere alle esigenze dell’associato che, senza fare alcuna discriminazione, prevedono garanzia di assistenza per la vita, estesa peraltro a tutto il nucleo famigliare. I contributi associativi sono fiscalmente detraibili dalle imposte al 19%. La società di Mutuo Soccorso offre inoltre dei servizi per la prevenzione, come il check-up personalizzato, l’home test (è un kit di prevenzione semplice, efficace e certificato, inviato agli associati al momento della adesione alla copertura sanitaria) e l’innovativo servizio di accesso agevolato alla conservazione delle cellule staminali, per comprendere il modello etico e sociale che guida le azioni della società di mutuo soccorso.  Fanno parte dell’offerta mutualistica prestazioni come: grandi interventi chirurgici, sussidi sostengo per i casi di “non autosufficienza”, alta diagnostica, visite specialistiche, esami strumentali e ticket. Sono previsti anche sussidi odontoiatrici e oculistici. Mba si avvale della Centrale Salute per organizzare ricoveri, day hospital e lungodegenza.
È con la tessera associativa di Mutua MBA, una vera e propria carta d’identità del socio, inviata ad ogni associato che ne fa domanda, che si aderisce non solo ai sussidi base ma anche ai molteplici piani assistenziali. La card è quindi uno strumento, che richiama valori come appartenenza e utilità al tempo stesso.
In attesa, e indipendentemente dal verdetto dell’imminente referendum, affidiamo la nostra salute a Mutua MBA.
 

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