Primo maggio tra cassa integrazione, smart working e donne multitasking

Un Primo maggio quanto mai straordinario dovuto all’emergenza sanitaria in corso e a una cultura del lavoro in piena evoluzione-rivoluzione. Non si sbaglia infatti nel ritenere che il mondo del lavoro sia una delle sfere maggiormente condizionate da COVID-19, che in questo caso assume le sembianze di una figura aliena approdata sul pianeta Terra per dare una scossa alle tradizioni degli umani. Dall’ufficio al salotto di casa, dalle canoniche 8 ore (straordinari esclusi) a un’asse temporale vaga e indefinita, dalla certezza di una retribuzione mensile alla Cassa integrazione. Come possiamo dunque non definire diversamente questo Primo maggio? È proprio la straordinarietà del contesto che stiamo affrontando a dettare i confini della Festa del lavoro che quest’anno dopo tanti, molti decenni, torna a concentrarsi sul tema del sacrificio e non meno sul ruolo della donna-lavoratrice multitasking. In tanti puntano il dito verso i banchi del Governo lamentando una mancata attenzione delle politiche di ripartenza verso il mondo dell’infanzia, per la famiglia e nei riguardi delle donne che in questo tempo di “sacrificio”, in uno spazio ristretto di quattro pareti (quelle domestiche), badano alla prole e alla propria carriera.

 

Come scrivono Paola Profeta e Tiziana Ferrario sulle pagine del Corriere della Serale donne saranno le vere protagoniste della sfida economica post pandemia: in prima linea, protagoniste del cambiamento, a differenza di quanto accaduto sinora, che sono state tenute ai margini. Intravediamo rischi enormi, ma le grandi crisi sono anche opportunità per migliorare il nostro paese e il benessere delle famiglie italiane, a patto che si ripensino i pilastri portanti di un modello organizzativo già prima non efficiente e che l’emergenza COVID sta comunque rimettendo in discussione. In verità, quando si parla di famiglia non si può non concentrarsi sul ruolo della donna da sempre al centro dell’economia della casa e pilastro della formazione e crescita dei figli. Ma dalla Seconda guerra mondiale, e nello specifico dal boom economico degli anni ’60, pur restando – per i colletti bianchi – soggetto fragile, la donna si è fatta spazio in un’economia azzurra che oggi vede le quote rose (60% con laurea) sempre più protagoniste e al vertice. Non va però sottodimensionata la situazione attuale: con il ritorno del lavoro da casa e con i figli tra i piedi, le carriere delle donne potrebbero subire urti tutt’altro che positivi; per questa ragione una riorganizzazione del modello lavorativo dovrebbe guardare attentamente al comparto produttivo ma non meno alle famiglie.

Fondamentale risulta una revisione delle politiche pubbliche e sociali con servizi necessari in una economia avanzata che attiva le donne, non scaricando su di queste tutto il peso della gestione familiare. Servono più asili nido a prezzo sostenibile, servizi all’infanzia, congedi obbligatori e prolungati per i padri che contribuiscano a redistribuire gli oneri e a riequilibrare i costi del lavoro tra i generi. Alcune misure straordinarie sono state messe in campo nel corso della pandemia, ma non basta. Quello che serve all’Italia oggi è un welfare per la famiglia che non escluda l’uomo al fine di non ostacolare l’ascesa delle donne nel mercato del lavoro. Un discorso da economisti, si penserà. Potrebbe anche darsi, ma alla base resta sempre il principio di una crescita omogenea del paese che all’indomani di COVID-19 dovrà considerare l’intero apparato per ripartire.

Alessandro Notarnicola
Alessandro Notarnicola
Mi occupo di giornalismo e critica cinematografica. Dopo la laurea in Lettere e Filosofia nel 2013, nel 2016 ho conseguito la Laurea Magistrale in "Editoria e Scrittura". Da qualche anno mi sono concentrato sull'attività della Santa Sede e sui principali eventi che coinvolgono la Chiesa cattolica in Italia e nel mondo intero.

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