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Non più chemioterapia per curare il tumore al polmone

Ogni giorno, in Italia ne vengono diagnosticati circa 115 nuovi casi, 41.800 nel 2017; il tumore al polmone è purtroppo una neoplasia in crescita soprattutto fra le donne, e particolarmente difficile da trattare, anche perché nel 60% dei casi è diagnosticato in fase avanzata.
Studiare le mutazioni genetiche e scegliere l’immunoterapia più adatta ad ogni paziente colpito da tumore al polmone è il traguardo raggiunto con il nuovo test TMB (Tumor mutational burden).
Una notizia incredibile quella che è stata lanciata qualche giorno fa dall’agenzia Ansa: sarà possibile curare il tumore al polmone con i farmaci innovativi mirati a risvegliare il sistema immunitario contro il cancro in combinazioni ‘a misura di paziente’, sulla base cioè delle caratteristiche del tumore del singolo individuo.

Questo è quello che è emerso in occasione della presentazione del nuovo test TMB (Tumor mutational burden), con il quale sarà quindi possibile curare il tumore al polmone senza la chemioterapia. Il nuovo test è infatti in grado di in grado di ‘fotografare’ in modo completo le alterazioni molecolari del tumore analizzando fino a 500 geni e, sulla base di ciò, aprire la strada alla migliore immunoterapia per quel singolo paziente. E’ stato dimostrato che l’immunoterapia è più efficace nei tumori con un alto numero di mutazioni, come il cancro al polmone, vescica, gastrointestinale e il melanoma. La validità di questo nuovo test biomarcatore è stata dimostrata nello studio di fase III CheckMate-227.
Secondo i primi risultati il tasso di sopravvivenza libera da progressione della malattia a un anno era più del triplo con la combinazione immunoterapica (43%) rispetto alla chemioterapia (13%).
A spiegarlo all’agenzia stampa ci ha pensato Federico Cappuzzo, Direttore Dipartimento Oncoematologia dell’Ausl Romagna, il quale ha detto che “I risultati positivi dello studio stabiliscono il potenziale di TMB come importante biomarcatore predittivo per la selezione dei pazienti candidabili al trattamento di combinazione con due molecole immunoterapiche, nivolumab e ipilimumab, nel tumore del polmone non a piccole cellule avanzato”.
E’ sicuramente un grande vantaggio. “ Ci stiamo dunque avvicinando –  ha proseguito Cappuzzo – alla concreta possibilità di abbandonare la chemioterapia nel trattamento di molte persone, pari a circa il 40%, colpite da questa neoplasia in fase avanzata. Sicuramente un grande vantaggio per i pazienti”. Infatti, è proprio del 40% la media di pazienti con tumore al polmone che presenta anche un alto grado di mutazioni geniche, condizione che rende appunto particolarmente efficaci i farmaci immunoterapici.
Un’altra prova dell’efficacia dell’immunoterapia è stata data da uno studio appena pubblicato sul New Englad Journal of Medicine, che come ha spiegato Cappuzzo “dimostra in che modo la combinazione delle molecole immunoterapiche nivolumab e ipilimumab possa risultare efficace anche nei pazienti con tumore al polmone non ancora operati, portando ad una regressione completa della malattia in circa il 40% dei casi”.
Quali sono gli obiettivi?
Per Michele Maio, Direttore del Centro di Immunoncologia e dell’Unità Operativa Immunoterapia Oncologica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese “da un lato sono, fornire la migliore terapia a ogni persona colpita da tumore, dall’altro utilizzare al meglio le risorse disponibili” In questa direzione, TMB si sta rivelando un biomarcatore molecolare ‘solido’, cioè analizzabile in maniera univoca, e per questo è particolarmente affidabile”.
Tutto questo sarà possibile grazie allo studio delle mutazioni genetiche, ragion per cui presto nascerà il primo Registro Nazionale delle mutazioni genetiche con il coordinamento dell’Istituto Nazionale Pascale di Napoli e l’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), che caratterizzano il tumore al polmone.
 

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