Mangiare sempre fuori danneggia l'alimentazione

Trascorrere l’intera giornata al lavoro condiziona negativamente la qualità della propria alimentazione. Da una parte i pasti si consumano frettolosamente, dall’altra invece si predilige pranzare o cenare fuori a prezzi bassi e convenienti, abitudine che se consolidata arreca dei danni. Mangiare sempre al ristorante incrementerebbe il contenuto di grassi saturi e solidi sul totale delle calorie che ciascuno assume, così come l’ammontare di zucchero che si consuma per 1.000 calorie al giorno. Con il rischio di essere in sovrappeso e di veder aumentare le probabilità di malattie croniche. A sostenerlo è uno studio dell’Advisory Board del fondo Pictet-Nutrition di Pictet Asset Management che ha preso in esame il mercato americano del cibo fuori casa (food away from home – Fafh), il quale – per la prima volta – ha superato quello domestico raggiungendo la quota di oltre 730 miliardi di dollari l’anno. Un sorpasso straordinario che, stando alla ricerca, ha un costo economico necessario per curare le malattie dovute a un regime alimentare scorretto. Un costo che si aggira intorno a circa 2.000 miliardi di dollari l’anno, il 2,8% del Pil globale. Una lezione che conferma quanto già dimostrato nel 2015 dalla dottoressa Tazeen Jafar e dal suo team di ricercatori dell’università di Singapore, che sulla base di un campione di 501 individui di età tra i 18 e i 40 erano arrivati a una conclusione simile. Dallo studio emerse ai che il 27,5% dei partecipanti avrebbe problemi di ipertensione e il 37% consumerebbe alla settimana più di dodici pasti fuori casa. Il 49% degli uomini preferisce il cibo in ristorante e d’asporto, mentre tra le donne solo il 7 % ama mangiare fuori casa. Ad avere maggiori problemi di ipertensione sarebbero soprattutto gli uomini, che mangiano più spesso fuori casa, hanno un alto indice di massa corporea dovuta anche al fatto che sono sedentari e fumatori.

La tendenza italiana tuttavia non si allontana di molto dalla media degli altri Paesi del mondo. Gli italiani amano mangiare fuori casa. A gennaio scorso erano 13 milioni coloro che consumano dai quattro ai cinque pasti ogni settimana al ristorante o al bar, mentre quasi 10 milioni ne consumano tra i due o tre. E così lievitano gli incassi della ristorazione che ci guadagna 2 miliardi e mezzo, rispetto ai primi anni 2000.  Le famiglie nel 2016 sono arrivate a spendere per un pasto fuori casa 80 miliardi di euro e le stime del 2017 parlano di 83 miliardi. In pochi però sanno che mangiare fuori casa incide negativamente sulla propria saluta ma non meno sull’ambiente contribuendo allo spreco alimentare e alle emissioni di anidride carbonica che crescono rispetto a quelle dell’India intera, il terzo Paese al mondo per emissioni di gas serra. E non solo negli Stati Uniti ma in tutti i paesi sviluppati ed emergenti che sono la “culla” di una popolazione urbana in costante crescita. Da qui la necessità in America di rimediare cercando di lanciare sul mercato cibo di qualità sostenibile dal punto di vista ambientale.
In questo senso i produttori hanno teso la mano alla tecnologia prendendo spunto da metodi tradizionali di conservazione del cibo – come utilizzare le alte o basse temperature – per migliorare sia il sapore che i tempi di scadenza, senza l’aiuto di ingredienti dannosi per la salute. Ad esempio alcune società stanno sviluppando sistemi basati sulla luce ultravioletta, le frequenze radio o i fasci di elettroni per migliorare il metodo conosciuto come “pastorizzazione lampo”, che utilizza le alte temperature per uccidere i micro-organismi come le muffe e i batteri. Altri stanno sviluppando una versione “a freddo” della pastorizzazione a caldo, conosciuta col nome di “pressione fredda”, che utilizza le basse temperature e l’alta pressione per eliminare i micro-organismi.
In altri passaggi della catena alimentare, aggiunge ancora lo studio, alcuni fornitori stanno introducendo la prossima generazione di soluzioni per il confezionamento del cibo con lo scopo di garantirne sicurezza, freschezza e valori nutrizionali, senza comprometterne la convenienza. Queste tecnologie includono sensori avanzati, codici QR, etichette intelligenti, così come imballaggi ad atmosfera modificata (o con quantità di ossigeno ridotta). Altre società invece offrono prodotti e servizi come i magazzini refrigerati o i sistemi di distribuzione con temperatura controllata essenziali per garantire il funzionamento della “catena del freddo”, che aiuta a estendere la durata dei prodotti confezionati o di quelli freschi.
 

Alessandro Notarnicola
Alessandro Notarnicola
Mi occupo di giornalismo e critica cinematografica. Dopo la laurea in Lettere e Filosofia nel 2013, nel 2016 ho conseguito la Laurea Magistrale in "Editoria e Scrittura". Da qualche anno mi sono concentrato sull'attività della Santa Sede e sui principali eventi che coinvolgono la Chiesa cattolica in Italia e nel mondo intero.

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