Gli effetti del lockdown sulla salute mentale

Fonte: Health Online

Tornare ad una vita normale dopo un lungo periodo di isolamento forzato, come nel caso del lockdown dovuto alla pandemia da Covid-19, non è semplice. Il divieto di uscire di casa per andare al lavoro, per accompagnare i figli a scuola, incontrare amici e parenti ha sicuramente degli effetti sulla salute mentale di adulti e bambini. Secondo un’indagine Istat su comportamenti e percezioni dei cittadini condotta nella fase 1 della pandemia, ovvero tra il 5 aprile e 21 aprile, è emerso che, “nonostante le restrizioni il lockdown è stato vissuto all’insegna della serenità e di un clima familiare coeso e positivo”. Alla richiesta di definire il clima familiare vissuto nel primo periodo dell’emergenza, tre cittadini su quattro hanno usato parole di significato positivo. Meno del 15% ha scelto parole a cui non è stato possibile attribuire un significato univocamente positivo o negativo. Solo l’8% ha utilizzato termini di significato negativo. C’è chi ha vissuto questo periodo in modo positivo e chi meno con delle conseguenze sulla psiche che non vanno trascurate. Cosa succederà nel periodo post isolamento? Saremo in grado di riprendere in mano la nostra quotidianità e in che modo? Per Health Online risponde la dottoressa Sandra Ronconi Psicologa – Psicoterapeuta cognitivo comportamentale del network Health Point. 

Siamo stati protagonisti di un evento del tutto imprevisto – spiega la dottoressa Ronconi – e del quale non si ha memoria storica alcuna, proprio per via della sua globalità. È noto quanto, per la nostra mente, sia fondamentale attribuire un significato specifico alle circostanze in atto e quanto sia nostra abitudine etichettare le cose, cercando di prevedere gli esiti degli eventi e gli scenari potenziali delle dinamiche che viviamo. Nel momento in cui tale automatismo naturale viene meno per assenza di riferimenti all’interno della nostra mente, ne deriva una confusione che va a ripercuotersi sul nostro stato emotivo nonché sulle nostre opinioni e sul nostro modo di comportarci. 

 

 

Una delle caratteristiche di questo periodo è stata che sono emerse delle situazioni non elaborate prima, è così?  

La maggioranza delle persone conduce esistenze alquanto frenetiche ed è abituata a riempire il tempo con le più svariate attività. Con il passare del tempo e con l’evoluzione, l’essere umano si è adattato a ritmi di vita serrati, carichi di doveri e impegni. Nello specifico non siamo abituati, e tendenzialmente non siamo stati neanche educati, a fermarci e non essere produttivi. Laddove cause di forza maggiore ci costringano dunque a fermarci, lasciandoci soli con il momento presente, siamo in un certo senso ‘obbligati’ a fare i conti con il ‘qui ed ora’ e con qualsiasi implicazione positiva o negativa questo comprenda, ritrovandoci di conseguenza a fare i conti con stati d’animo e pensieri con i quali non eravamo abituati a stare, in parte a causa della tendenza a dare per scontato quel che fa parte del quotidiano e in parte per una sorta di evitamento attivo che siamo soliti mettere in atto riempiendo le nostre giornate con attività che ci distolgano da ciò che non ci piace o da ciò che è ormai assodato. 

 

 

Il lockdown è stato definito il più grande esperimento psicologico del mondo, lei cosa ne pensa?  

Credo fermamente si sia verificato un fenomeno senza precedenti, responsabile di aver modificato le condizioni alle quali ci eravamo adattati, sconvolgendo la nostra quotidianità e rompendo il nostro consueto equilibrio. Ne deriva quanto tutto questo abbia messo la popolazione alla prova nei seguenti settori: lavorativo, familiare, sociale, cognitivo ed emotivo, inducendola a doversi riorganizzare e ad apprendere nuovi schemi di rifermento, mettendo in discussione quelli precedenti; analizzandolo da tale punto di vista, si può sicuramente interpretare il lockdown come la più grande sperimentazione mai avvenuta. 

 

 

È arrivato il momento di affrontare le conseguenze di un periodo di isolamento. Quali sono le principali ripercussioni?  

Da questo periodo di restrizioni è emerso un grande cambiamento nelle abitudini di vita. L’isolamento e il confinamento hanno avuto un grande impatto sui singoli individui, riducendo la qualità della vita delle persone e mettendo a rischio la salute psico-fisica di moltiI dati delle prime indagini sono infatti allarmanti, in quanto è stato possibile riscontrare un considerevole peggioramento della qualità del sonno e, in particolare, si è evidenziato come la ridotta attività fisica, la scarsa esposizione alla luce solare, l’assenza di attività sociali, le paure per il contagio e per la situazione economica nonché il cambiamento all’interno degli stili di vita familiari, abbiano condotto a un’alterazione dei ritmi sonno veglia e provocato un incremento dei disturbi del sonno. L’incertezza per il futuro e le svariate interpretazioni di tipo catastrofico, inoltre, hanno favorito l’aumento dei sintomi ansiosi e depressivi. 

 

Dai risultati iniziali di un’indagine nazionale condotta dal Consiglio Nazionale dell’Ordine Psicologi (CNOP), si evince come l’emergenza abbia fatto crescere i livelli di disagio psicologico di 7 italiani su 10, soprattutto tra le donne e le persone di età compresa tra i 35 ed i 54 anni. Il 42% degli italiani ha riscontrato problemi legati all’ansia, il 24% disturbi del sonno; il 22% irritabilità; il 18% umore depresso; il 14% problemi e conflitti relazionali; il 10% problemi alimentari e solo il 28% ha dichiarato di non aver sperimentato delle forme di disagio. 

 

Cosa ne pensa? 

Possiamo considerare queste manifestazioni come una normale reazione ad un’esperienza di natura traumatica, tuttavia queste devono, con il tempo, lasciare spazio a nuove forme di adattamento e ritrovato benessere psicofisico, attraverso una lenta e graduale ripresa delle attività che eravamo soliti svolgere e al mantenimento delle buone abitudini. Se contrariamente questi stati di disagio permangono troppo a lungo, possono cronicizzarsi ed influire negativamente sul funzionamento dell’individuo, in tal caso, il consiglio è quello di rivolgersi a degli specialisti nel settore della salute mentale e della promozione del benessere che possano aiutare la persona a costruire nuovi strumenti che mirino al miglioramento della qualità di vita e al superamento degli stati di disagio percepito. 

 

La parola paura è purtroppo ricorrente. 

In questo particolare momento storico una delle principali paure è rappresentata dal rischio di contrarre il virus, il quale indossa i panni dell’altro, chiunque esso sia: un parente, un collega di lavoro o lo sconosciuto in fila al supermercato. Ne consegue sia una minaccia difficile da individuare poiché mancano i cosiddetti segnali di pericolo, ovvero tutti quegli elementi che permettono al nostro cervello di capire quando prestare attenzione e quando, invece, rilassarsi. Non mancano inoltre i timori legati al futuro, alla condizione economica e alla sfera occupazionale, circostanze che ci espongono ad altissimi livelli di attivazione e stress, nonché al rischio di vivere in uno stato di tensione emotiva continua. Se da un lato provare emozioni risulta dunque fondamentale per affrontare la vita quotidiana, dall’altro è altrettanto importante la regolazione delle risposte emotive. Sperimentare sentimenti di paura, rabbia e tristezza per un quantitativo temporale troppo elevato può rappresentare un limite per le nostre risorse cognitive, distraendoci da altri compiti e peggiorando la nostra qualità di vita. La regolazione emotiva, per quanto complessa, è uno strumento importantissimo per prevenire comportamenti dannosi per il nostro organismo”. 

 

 

C’è chi esce di casa solo per le necessità perché non riesce ad adattarsi alla vita al di fuori delle mura domestiche. Si parla di “sindrome della capanna”. Che cosa si intende? Come superare questa situazione?  

Dopo un lungo periodo di isolamento e distacco dalla realtà, non è raro possa presentarsi uno stato di smarrimento connotato da ansia, paura verso il mondo esterno e rifiuto di tornare alla precedente condizione di quotidianità; tale circostanza può indurre la persona a voler continuare a barricarsi tra le proprie mura domestiche, all’interno delle quali si percepisce al sicuro. Tale fenomeno viene definito ‘sindrome della capanna’: non rappresentata un vero e proprio disturbo mentale, tanto che non è riconosciuta a livello scientifico, ma lo si utilizza per descrivere una condizione dovuta a un periodo di isolamento. I sintomi tipici riguardano la comparsa di stati ansiosi, irritabilità, umore basso, scarsa concentrazione, demotivazione e apatia. Questa condizione tende a scomparire con il tempo e con il normalizzarsi della situazione all’esterno, permettendo così alla persona di adattarsi nuovamente e di ristabilire un proprio sano equilibrio. Questo processo può essere favorito da una graduale ripresa delle proprie attività, dal mantenimento delle buone abitudini riscoperte durante il periodo di isolamento, dall’accettazione e dalla normalizzazione delle proprie emozioni quali l’ansia e la paura, dal porsi nuovi obiettivi rivedendo i propositi espressi prima del lockdown e dal prepararsi al cambiamento nelle attività sociali che dovranno tener conto dell’uso delle mascherine e del mantenimento del distanziamento sociale” 

 

Molti hanno sospeso l’attività lavorativa o l’hanno persa. Come affrontare una situazione del genere? Quali sono i suoi consigli? 

Situazioni come questa ci pongono di fronte a grandi sfide che possono sembrare, talvolta, impossibili da affrontare e superare. In tal caso ciò che più favorisce il nostro benessere è la flessibilità, abilità basata sulla consapevolezza di quanto sta avvenendo, che ci consente di adattarci alle situazioni più disparate e produrre risposte efficaci e funzionali facendo leva sulle risorse personali e sul contesto. In questo modo sarà possibile approcciarsi alle avversità in modo consapevole e intenzionale, evitando atteggiamenti impulsivi e inconsapevoli”. 

 

I bambini non sono estranei alle situazioni stressanti e questi cambiamenti, per alcuni, potrebbero influire negativamente sul benessere psicologico. Il distanziamento sociale e il non poter, improvvisamente, interagire con i compagni di gioco e di scuola, è stato il prezzo più alto che hanno pagato.  

 

Dottoressa, quanto è importante il ruolo dei genitori nell’osservare lo stato emotivo dei figli? Quali sono i campanelli di allarme ai quali prestare attenzione?  

Il ruolo dei genitori è fondamentale, spetta a loro e agli adulti di riferimento rispondere in maniera adeguata ai bisogni del bambino, soprattutto se prendiamo in considerazione anche la perdita momentanea dei punti di riferimento sociali più importanti, quali ad esempio: gli insegnanti, gli allenatori, i compagni di classe. Tutti gli esseri umani hanno dei bisogni fondamentali e, tra questi, vi sono il bisogno di sicurezza, di esplorazione e di socializzazione che, mai come in questo momento, hanno subìto un arresto significativo. I bambini hanno bisogno di informazioni chiare e vere, che vanno filtrate e modulate in base all’età, ma soprattutto hanno bisogno di sentirsi al sicuro e per farlo devono stare in contatto con adulti che trasmettano fiducia, sicurezza e padronanza. In questo momento possono manifestarsi delle piccole regressioni nelle autonomie già raggiunte, come ad esempio la richiesta di maggiori attenzioni oppure la difficoltà a dormire soli. Possono comparire delle manifestazioni come esplosioni comportamentali di rabbia e aggressività, pianti ed espressioni di paura o di tristezza. Il compito dei genitori è accogliere e monitorare tali manifestazioni che, in un primo momento, possiamo semplicemente considerare quali reazioni fisiologiche a una situazione imprevista e stressante. 

 

A preoccupare maggiormente sono glieffetti del lockdown sugli adolescenti, che si trovano a fronteggiare una situazione stressante dovuta al distanziamento sociale e a una limitata autonomia. A lanciare l’allarme l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha evidenziato un non trascurabile aumento degli stati depressivi e dell’ansia. 

 

Dottoressa, gli adolescenti generalmente manifestano ansia e preoccupazione con atteggiamenti di chiusura, tristezza e rabbia. Quali sono i suoi consigli rivolti a loro e ai genitori? 

L’Oms ha lanciato un allarme non trascurabile: gli adolescenti sono tra le categorie che hanno maggiormente subìto gli effetti negativi di questo lockdown. Il bisogno di avere un proprio spazio di azione è, in adolescenza, normale e fisiologico così come la perdita di interesse nella condivisione del proprio tempo con i familiari e l’aumento dei conflitti. In questo momento della loro vita gli adolescenti avrebbero potuto esplorare se stessi e il mondo circostante, confrontandosi con la realtà di tutti i giorni e affrontando prove complesse ma uniche e irripetibili. Dalle prime analisi condotte, emerge quanto le manifestazioni più ricorrenti tra gli adolescenti riguardino vissuti di noia, scarsa concentrazione, angoscia nel trovarsi da soli e isolati, incertezza per il futuro che ha inibito la capacità di immaginare e sognare come sarà il loro domani, portando a stati di apatia e demotivazione. L’eccessiva esposizione alle nuove tecnologie, inoltre, ha aumentato il rischio dell’instaurarsi di una dipendenza o comportamenti disfunzionali, aspetto che va tenuto presente da chi svolge il ruolo di educatore, come i genitori e gli insegnanti. Numerose ricerche hanno infine evidenziato, tra gli adolescenti, un aumento dei sintomi ansiosi e depressivi, contraddistinti da stati di irritabilità. 

I genitori si trovano pertanto a fronteggiare una sfida che non avrebbero mai potuto immaginare, gestendo i momenti di frustrazione, rabbia e tristezza in maniera tutt’altro che semplice. Tuttavia è bene ricordare come questi comportamenti abbiano la funzione di comunicare un disagio, uno stato d’animo o un bisogno che non riescono spesso a riconoscere o verbalizzare. Il compito dei genitori sarà dunque quello di accogliere tale manifestazioni, aiutando il proprio ragazzo a entrare in contatto con la sua sfera emotiva e con i propri bisogni frustrati. Riconoscere e accettare le personali attivazioni è il primo passo verso la regolazione emotiva. La durata in un tempo indefinito di tali condizioni di disagio, non riconosciuto ed espresso tramite comportamenti disfunzionali, può divenire una minaccia alla formazione dell’autostima, al senso di autoefficacia e allo sviluppo dell’autonomia; è quindi doveroso attivarsi nel tentativo di sviluppare nuove risorse e incrementare quelle già esistenti attraverso, ad esempio, la curiosità, indispensabile motore nella ricerca di nuove opportunità e nella promozione della crescita personale e nella promozione del benessere. 

 

Ci sono casi in cui c’è difficoltà a gestire le proprie emozioni e anche aiutare i figli nel tornare ad una vita normale. Laddove la condizione di isolamento si dovesse protrarre, andando a incidere sulla sfera cognitiva, sociale, lavorativa e familiare, per poter essere gestita e superata nel migliore dei modie’ importante rivolgersi ad un professionista.  

 

Lei fa parte del network di Health Point, può spiegare qual è il servizio offerto e in che modo poterne usufruire?  

Il network di Health Point offre diversi servizi adeguati alle più disparate esigenze, in questo particolare momento la consulenza psicologica è di fondamentale importanza in quanto può aiutare il singolo, la coppia e la famiglia a trovare gli strumenti e le risorse per favorire la costruzione di un nuovo equilibrio basato sulla flessibilità psicologica, su abitudini di vita salutari e sulla promozione della crescita personale. Esistono diverse possibilità e diversi pacchetti studiati appositamente per rispondere alle richieste del singolo e della famiglia, strutturati inoltre per le diverse esigenze quali ad esempio: il counseling psicologico volto al superamento di momenti di difficoltà legati a fasi di transizione e superamento di problematiche non di natura psicopatologica;  le tecniche di riduzione e gestione dello stress; il pacchetto per lo sviluppo di abilità per l’aumento dell’autoefficacia; le tecniche di gestione e riduzione dell’ansia; il sostegno alla genitorialità”. 

 

Andrà tutto bene è stata la frase di ottimismo più ricorrente in tutto il periodo epidemiologico. Dottoressa, andrà tutto bene anche per la ripartenza psicologica?   

La diffusione dell’epidemia di Coronavirus è stata indubbiamente una dinamica traumatica per molte persone ma da un fenomeno di questa portata possono derivare positività e resilienza. L’altruismo, il coraggio e il supporto sociale visibilmente emersi durante questa fase complessa, ne sono in qualche modo la diretta dimostrazione. In psicologia si è soliti parlare del concetto di crescita post-traumatica al fine di indicare il processo di cambiamento e maturazione derivante dall’aver vissuto una esperienza stressante che ci ha fatto incontrare o scontrare con la nostra vulnerabilità”. 

 

 

 

 

 

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