Assistere un familiare a cui è stata diagnosticata una forma di demenza è un impegno che, in Italia, grava sulle spalle dei parenti più stretti. Sulla base dello studio intitolato ‘Il peso della cura’, promosso da Vidas e realizzato da Ipsos, il 43% di chi ha un congiunto malato ha assunto direttamente il ruolo di caregiver, occupandosi direttamente della persona malata. Di questi, oltre il 70% lo ha fatto tra le mura domestiche, spesso in solitudine e senza un adeguato supporto economico o professionale.
Il carico assistenziale diventa ancora più pesante con l’aggraversi dei sintomi della malattia. Nelle fasi più avanzate della demenza, infatti, il 45% dei familiari presta assistenza in modo continuativo, speso per 24 ore al giorno, con un impatto diretto sulla propria vita personale, professionale e psicologica. Non è dunque solo un impegno pratico, ma un’esperienza emotivamente logorante e troppo spesso vissuta senza alcuna possibilità di confronto con qualcun altro.
La ricerca, presentata all’Università degli Studi di Milano, mette in luce anche la durata di questo impegno: il 35% dei caregiver è coinvolto da almeno due anni, mentre il 26% da più di cinque. Questa costanza, che raramente riceve un riconoscimento formale o economico, comporta conseguenze significative: il 75% dei caregiver segnala difficoltà a conciliare lavoro e famiglia, il 72% denuncia una drastica riduzione della vita sociale, mentre il 68% riporta un impatto negativo sulla propria salute mentale.
In questo contesto, le cure palliative rappresentano uno strumento fondamentale, non solo nella fase terminale, ma lungo tutto il decorso della demenza. È quanto ritenuto da molti professionisti sanitari coinvolti nell’indagine: il 61% dei medici è convinto che le cure palliative siano essenziali per migliorare la qualità della vita del paziente, mentre il 48% degli infermieri sottolinea l’importanza nel trattamento del dolore e del disagio psico-fisico.
Tuttavia, il ricorso effettivo a questo tipo di assistenza resta limitato: solo poco più della metà dei medici ha attivato cure palliative per pazienti con demenza nell’ultimo anno. In un caso su quattro, viene addirittura segnalata l’impossibilità di attivare il servizio nella propria regione o ASL di riferimento, evidenziando gravi disparità territoriali e la necessità di un intervento sistemico.
In un Paese in cui la popolazione anziana è in costante aumento, e con essa le diagnosi di demenza, questi dati rappresentano un campanello d’allarme. Il rischio è quello di lasciare sole centinaia di migliaia di famiglie, senza strumenti né tutele adeguate, in una delle esperienze più difficili e trasformative della vita.