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Covid-19: le nuove indicazioni anti contagio per la prevenzione e il contenimento

Covid-19: le nuove indicazioni anti contagio per la prevenzione e il contenimento

Due metri di distanza a tavola e quarantena anche per i vaccinati. Queste le ultime misure anti-contagio per la prevenzione e il contenimento del virus Sars Cov-2 contenute nel nuovo report redatto da InailIssAifa e Ministero della Salute e diffuso con circolare del 15 marzo 2021. Il documento risponde a diversi quesiti sulle misure farmacologiche, di prevenzione e controllo delle infezioni da Coronavirus sorti con il progredire della campagna vaccinale contro il contagio e la comparsa delle diverse varianti del virus.

Per quanto riguarda il distanziamento fisico resta un metro la distanza minima da adottare, ma sarebbe opportuno “aumentarla fino a due metri, laddove possibile e specie in tutte le situazioni in cui venga rimossa la protezione respiratoria come, ad esempio, in occasione del consumo di bevande e cibo”.

Confermato l’obbligo di indossare la mascherina. “Non è indicato modificare le misure di prevenzione e protezione basate sull’uso delle mascherine e sull’igiene delle mani – si legge nel report – al contrario, si ritiene necessaria una applicazione estremamente attenta e rigorosa di queste misure”.

Per il capitolo “contatti stretti” è prevista la quarantena anche per chi è vaccinato contro Sars-CoV-2. Dopo un’esposizione ad alto rischio con un caso Covid, il soggetto “deve adottare le stesse indicazioni preventive valide per una persona non sottoposta a vaccinazione, a prescindere dal tipo di vaccino ricevuto, dal numero di dosi e dal tempo intercorso dalla vaccinazione”. Il vaccinato considerato ‘contatto stretto’ deve osservare, purché sempre asintomatico, 10 giorni di quarantena dall’ultima esposizione con un test antigenico o molecolare negativo al decimo giorno o 14 giorni dall’ultima esposizione. I contatti stretti di un caso di Covid-19, invece, possono essere vaccinati ma “dovrebbero terminare la quarantena di 10-14 giorni prima di potere essere sottoposti a vaccinazione”.

Le persone con pregressa infezione da Sars-CoV-2 confermata da test molecolare, indipendentemente se con Covid-19 sintomatico o meno, “dovrebbero essere vaccinate”. “È possibile considerare la somministrazione di un’unica dose purché la vaccinazione venga eseguita ad almeno 3 mesi di distanza dall’infezione e entro i 6 mesi dalla stessa”. Fanno eccezione le persone con condizioni di immunodeficienza, primitiva o secondaria a trattamenti farmacologici, che, anche se con pregressa infezione da Sars-CoV-2, “devono essere vaccinate quanto prima e con un ciclo vaccinale di due dosi”.

Il rischio di reinfezione da Sars-CoV-2, si sottolinea, è stato valutato in uno studio multicentrico condotto su oltre 6.600 operatori sanitari nel Regno Unito. I risultati mostrano che “nei soggetti con pregressa infezione da Sars-CoV-2 la probabilità di reinfezione sintomatica o asintomatica è ridotta dell’83%”. Inoltre, nei soggetti con pregressa infezione da Sars-CoV-2 “la durata dell’effetto protettivo dell’infezione precedente ha una mediana di 5 mesi”. Una persona, si spiega nel documento, “può infettarsi nei giorni immediatamente successivi alla vaccinazione, in quanto l’organismo necessita di un tempo minimo per sviluppare una completa risposta immunitaria protettiva”.

Anche i soggetti vaccinati, avverte inoltre il Rapporto, “seppur con rischio ridotto, possono andare incontro a infezione da Sars-CoV-2 poiché nessun vaccino è efficace al 100% e la risposta immunitaria alla vaccinazione può variare da soggetto a soggetto. Inoltre, la durata della protezione non è stata ancora definita”.

Nella maggioranza della popolazione vaccinata, la prima dose di vaccino evoca un’iniziale risposta immunitaria che conferisce una protezione solo parziale”. Questa inizia, a seconda del tipo di vaccino, per quelli a mRNA dopo circa 2 settimane dalla prima dose, mentre per il vaccino AstraZeneca la protezione inizia da circa 3 settimane dopo la somministrazione della prima dose. Per tutti i vaccini al momento in uso in Italia “è necessaria la somministrazione della seconda dose di vaccino al fine di ottenere una protezione ottimale”. Una persona, al momento della vaccinazione, chiarisce inoltre il rapporto, “potrebbe essersi già infettata con SARS-CoV-2 e trovarsi senza saperlo in fase di incubazione. In questi casi, l’infezione può manifestarsi dopo la vaccinazione e prima dello sviluppo di una risposta protettiva completa”. Il Ministero della Salute raccomanda di sequenziare i campioni positivi di individui vaccinati anti-COVID-19 al fine di verificare l’eventuale occorrenza di un’infezione da nuova variante virale.

Per quanto riguarda la questione vaccino AstraZeneca, sospeso in diversi Paesi europei a seguito degli episodi di trombosi riscontrate negli ultimi giorni, l’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali, ha aperto un’indagine per appurare i fatti, ma nel frattempo cerca di dirimere i dubbi sul vaccino di AstraZeneca. Insiste sul fatto che al momento “non ci sono prove” di collegamento tra i casi di trombosi e la vaccinazione. Chiede di affidarsi alla scienza, di “mantenere la fiducia nei vaccini”. “Restiamo fermamente convinti che i benefici del vaccino AstraZeneca nella prevenzione del Covid-19, con il rischio associato di ospedalizzazione e morte, superino i rischi di questi effetti collaterali”. Le parole alla direttrice esecutiva dell’Ema, Emer Cooke. Previsto per giovedì il verdetto finale con la “massima trasparenza” sul futuro della campagna vaccinale, senza escludere alcuna azione di risposta.

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