La Voce di MBA

BLACKOUT GAME, il macabro gioco che uccide gli adolescenti

blackout game

blackout game

Web e Giochi pericolosi tra gli adolescenti.
Ci siamo di nuovo.
E’ cambiato il nome, ma la finalità resta la stessa: un gioco web che spinge gli adolescenti verso il suicidio. È passato poco più di 1 anno dal fenomeno Blue Whale Challenge (Balena Azzurra).
Un gioco, definito un vero e proprio rituale psicologico, legato ai social network, proveniente dalla Russia che ha causato vittime tra gli adolescenti. Balckout game o “gioco dello svenimento”, ma anche choking game, black hole, flatline game, gasp game, è il nuovo e pericoloso fenomeno che sta girando in rete in questo periodo. Si tratta di un gioco del soffocamento, spesso fatale, che spinge a privarsi dell’ossigeno per periodi sempre più prolungati come prova di coraggio oppure per arrivare ad uno stato di euforia da asfissia con stato confusionale dovuto alla ipercapnia e l’eccessiva concentrazione di anidride carbonica nel sangue.
Una sfida che può essere praticata da soli o in compagnia, usando corde, sciarpe o le braccia di un amico strette attorno al al collo. Alcune persone muoiono soffocate nel tentativo di assicurarsi di perdere i sensi.
Il tutto filmato ed in diretta sul web.
E’ cronaca di questi giorni la morte di un ragazzino di 14 anni nel milanese da attribuirsi molto probabilmente a questo fenomeno pericoloso, in quanto gli accertamenti sul suo PC e smartphone hanno rivelato che fosse collegato a dei siti web con tutorial per praticare il blackout. Igor Maj, il nome del 14enne, è stato trovato impiccato nella sua cameretta e sono stati i suoi genitori a diffondere in rete un appello e a rendere pubblici i risultati delle indagini con una lettera al sito parenti.it. “”Fate il più possibile – hanno scritto i genitori di Igor – per far capire ai vostri figli che possono sempre parlare con voi, devono saper trovare in voi una sponda, una guida che li aiuti a capire se e quali rischi non hanno valutato. Noi pensiamo di averlo sempre fatto con Igor, eppure non è bastato. Quindi cercate di fare ancora di più, perché tutti i ragazzi nella loro adolescenza saranno accompagnati dal senso di onnipotenza che se da una parte gli permette di affrontare il mondo, dall’altra può essere fatale”.
 
Il Papà di Igor ha anche rilasciato un’intervista al quotidiano.net,  nella quale ha spiegato che combatterà per il figlio andando nelle scuole per parlare e sensibilizzare i ragazzi e gli adulti.
 
“Sono rimasto allibito per il fatto che – ha raccontato – fino a giovedì 6 (giorno della morte di Igor, n.d.r.) io non sapessi nulla di questa pratica del blackout game. Ne ero totalmente all’oscuro. Avevo messo in guardia mio figlio dai pericoli che io conoscevo: le auto per strada, le persone poco raccomandabili, la droga, l’alcol; ma pur conoscendo i pericoli della rete non avevo idea di questo. Ho visto un video illustrativo quel giorno, controllando la cronologia sul telefono di mio figlio dopo la disgrazia: incredibile come in rete si mostri questa pratica come se fosse un gioco. Come fosse allo stesso livello di un’impennata con la bici o un movimento spericolato. No, è una pratica che porta alla morte. Bisogna far capire questo, per questo mi batterò”. Ramon, il papà del 14enne, è già stato nella scuola in cui Igor avrebbe dovuto iniziare il primo anno di superiori. “Ho guardato i ragazzi – ha detto – emozionati per il loro primo giorno. In un certo senso era come se anche il mio Igor fosse lì. Per adesso ho parlato con la dirigente di questo istituto, penso cominceremo da qui a sensibilizzare i ragazzi. Nessuno deve più provare attrazione né curiosità verso questa trappola mortale”.
Secondo Ramon, il figlio non si è reso conto del pericolo mortale che stava correndo. “Igor certamente pensava di provare e di riprendersi per poi continuare la sua quotidianità. Quel giorno ci eravamo scambiati dei messaggi a mezzogiorno. Lui mi aveva chiesto di inviargli gli orari dei treni perché il pomeriggio sarebbe dovuto andare ad Agrate Brianza per allenarsi con il fratello e la squadra, e io glieli ho inviati, ci saremmo visti lì. Dopo è successa la disgrazia. Era sereno, allegro, pieno di vita. La sera prima avevamo giocato insieme al tiro al bersaglio e poi eravamo andati in palestra dove aveva sfoggiato uno stato di forma invidiabile, era tornato rafforzato da una bellissima vacanza in Grecia, dove siamo stati per arrampicarci. Lo chiamavo il mio leoncino, perché si affacciava all’adolescenza e cominciava a sfidare il leone grande, cioè me, ma con garbo, con gentilezza, scoprendo nei miei occhi l’orgoglio di un padre che si vede superare dal figlio. E lo chiamavo pure ‘gorilla’ per il fisico possente, che scoppiava di vita”.
(fonte: https://www.quotidiano.net/cronaca/blackout-game-igor-1.4177703)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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