I gatti? Sentinelle salva-uomo da tutto ciò che inquina la casa

I gatti riescono a rivelare attraverso il proprio stato di salute la presenza, più o meno consistente, di fattori inquinanti all’interno della casa o del cibo che ingeriamo.

Avere un gatto in casa è una grande ricchezza soprattutto quando arrivato da cucciolo diviene in così poco tempo il padrone di tutte le stanze e l’unico beneficiario del divano. Tuttavia, malgrado questo aspetto, un felino al fianco dell’uomo è molto più importante di qualsiasi altro animale avendo questo la capacità di rivelare attraverso il proprio stato di salute la presenza, più o meno consistente, di fattori inquinanti all’interno della casa o del cibo che ingeriamo.
A partire dagli anni ’70 i gatti soffrono di ipertiroidismo, condizione causata dall’eccessiva attività funzionale della ghiandola tiroide, che si traduce nell’eccessiva secrezione degli ormoni tiroidei (tiroxina e triiodotironina), in aumento della sete e della fame e in continua perdita di peso. Secondo alcuni esperti della California questo sarebbe un disturbo sviluppatosi proprio negli anni ‘70 quasi in tutto il mondo, dal Canada all’Europa, dal Giappone all’Australia.
Dopo essere stato definito gravoso e per questo dannoso, il fenomeno è stato esaminato presso l’Animal Endocrine Clinic di Manhattan dal dottor Mark Peterson, il quale interpellato dal New York Times ha dichiarato che la causa risiede in una classe di ritardanti di fiamma noti come Polibromodifenileteri (PBDE) presenti nell’ambiente domestico, dal letto al divano, e nell’alimentazione soprattutto nei pasti a base di pesce. A quanto pare negli anni del boom economico, tra i ’60 e i ’70, agli articoli per la casa furono aggiunti questi PBDE per renderli meno infiammabili. Come sottolinea il Corriere della Sera si tratta di sostanze che nel tempo possono attaccarsi alle particelle di polvere di casa e rivestire superfici come pavimenti e mobili. Già dal 2000 era noto come potessero alterare la funzione della tiroide nei roditori, uccelli e pesci, tanto che in Europa sono banditi dalla produzione dal 2003.
 

 
Ora misurando i livelli di PBDE nel sangue dei nostri amici a quattro zampe è finalmente arrivata la conferma: “L’aspetto interessante è il tipo di patologia sviluppata dai gatti – dichiara il professor Alfredo Pontecorvi, direttore Area Endocrinologia e Malattie del Metabolismo al Policlinico Gemelli di Roma – che non sfocia in un disturbo autoimmune ma in un eccesso di produzione di ormoni prodotti da noduli iperfunzionanti. I gatti sono iperattivi, ma anche deboli perché i muscoli ne risentono, altri sintomi possono comprendere diarrea, tachicardia e tremori”.
Secondo gli scienziati, il rischio di ipertiroidismo felino potrebbe essere maggiore in America, dove l’uomo presenta i maggiori livelli di contaminazione da PBDE al mondo. L’uomo e il gatto sono gli unici mammiferi con un’incidenza elevata di ipertiroidismo. Il legame tra ipertoroidismo felino e concentrazione ematica elevata di PBDE necessita di ulteriori conferme. Cosa accade nell’uomo?
Basta sottoporsi alle analisi del sangue per trovare tracce di PBDE in quasi ogni persona presa in considerazione, compresi i neonati: i livelli sono aumentati di 100 volte dal 1970 ai primi anni 2000 anche se oggi sembrano essere in declino. La dottoressa Laura Fugazzola, docente di Endocrinologia all’Università degli Studi di Milano – endocrinologa presso l’Istituto Auxologico di Milano, ha spiegato se è confermato che i PBDE possono influire sul funzionamento della tiroide: “Ormai – informa – è un dato assodato: questi composti hanno una struttura veramente simile a quella degli ormoni tiroidei. Vengono sicuramente assorbiti dal nostro organismo e sballano la produzione degli ormoni. Si è capito che bassi livelli di esposizione a queste sostanze provocano un ipotiroidismo (disturbo che tra l’altro fa ingrassare) e alti livelli di esposizione provocano l’ipertiroidismo (che fa dimagrire). Si è visto anche che questi composti si trovano anche nella placenta – continua la professoressa -, per cui è ipotizzabile che abbiano effetti sul feto, ma questo ancora non è dimostrato. Anche l’associazione con l’aumento del cancro alla tiroide è stato indagato ma per ora non si sono trovate correlazioni sufficienti”.
Tutto quello che l’uomo può fare per difendersi da queste sostanze nocive presenti nelle abitazioni di tutti e nell’ambiente più in generale è controllare se la propria funzionalità tiroidea è normale. “È una buona pratica in ogni caso – spiega la dottoressa Fugazzola – visto l’aumento dei disturbi e cancro alla tiroide negli ultimi anni e visto che i PBDE non sono le uniche sostanze tossiche presenti negli ambienti che frequentiamo”. La soluzione migliore, tuttavia, sembra essere quella proposta sul New York Times dal dottor Peter Rabinowitz, che dirige il Center for One Health Research dell’Università di Washington, e cioè esaminare le cartelle cliniche degli animali domestici insieme a quelle dei loro proprietari. “Resto convinto che prestare più attenzione a ciò che gli animali stanno cercando di dirci è una buona idea”, afferma Rabinowitz consigliando di vedere i nostri gatti domestici come vere e proprie sentinelle che potrebbero lanciare utili allarmi sulle sostanze tossiche presenti in casa potenzialmente pericolose anche per noi.

Alessandro Notarnicola
Alessandro Notarnicola
Mi occupo di giornalismo e critica cinematografica. Dopo la laurea in Lettere e Filosofia nel 2013, nel 2016 ho conseguito la Laurea Magistrale in "Editoria e Scrittura". Da qualche anno mi sono concentrato sull'attività della Santa Sede e sui principali eventi che coinvolgono la Chiesa cattolica in Italia e nel mondo intero.

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