Storia dell’eugenetica

Il termine “Eugenetica” deriva dal greco “ευγενής” e significa letteralmente “buon nato”. Venne utilizzato per la prima volta nel 1833 dal naturalista inglese Sir Francis Galton che, per approfondire questa nuova materia, fondò un istituto nell’Università di Londra.

L’eugenetica è una disciplina medica con lo scopo di sostenere e sviluppare le qualità innate di una razza, avvalendosi delle leggi dell’ereditarietà genetica.

Inizialmente, si espanse soprattutto nell’area dei paesi anglosassoni ma, successivamente, lo Stato dove se ne fece un uso eccessivo fu la Germania. Durante il perdurare della dittatura nazista infatti, Hitler utilizzò le pratiche eugenetiche allo scopo di realizzare una razza superiore e pura rispetto alle altre, ovvero la razza ariana.

Durante quel periodo storico vennero definite due tipologie differenti di pratiche eugenetiche:

  1.  Eugenetica positiva, volta a promuovere la riproduzione di soggetti socialmente “desiderabili” e in condizioni fisiche eccellenti.
  •  Eugenetica negativa, attraverso la quale si preveniva la nascita di soggetti “indesiderabili” poiché affetti da malformazioni o malattie ereditarie dovute anche a pratiche come l’aborto, le sterilizzazioni di massa e l’infanticidio.

Per quanto riguarda l’ultimo punto, è opportuno evidenziare la “Legge sulla prevenzione della nascita di persone affette da malattie ereditarie”, emanata nel 1933, con la quale fu dato l’avvio ad una sterilizzazione forzata di tutte le persone affette da determinati disturbi psico-fisici considerati ereditari.

Nel 1939 tale normativa fu soppressa e sostituita dal Progetto Aktion T42 sospeso nel 1941 per le forti proteste della Chiesa. Tuttavia, nei campi di sterminio proseguirono le esecuzioni di massa, sempre volte alla ricerca di una razza superiore, in base ad un nuovo testo di legge “Aktion 14F13”.

Tra il 1869, anno di pubblicazione del testo “Hereditary Genius” di Galton, ed il 1912, quando si svolse il Primo Congresso Internazionale di Eugenetica, all’Università di Oxford, la disciplina mirante al miglioramento della razza umana conobbe i suoi anni migliori.

Si parla, pertanto, di “età dell’oro dell’eugenetica” in quanto molti furono i Paesi influenzati da tali pratiche. Oltre alla Germania dove conobbero una progressione superiore, vennero coinvolti anche il Giappone, l’Australia e l’America Latina che portarono a termine numerose norme sulla scia delle ideologie di Galton.

È opportuno comprendere come il concetto eugenetico di creare una razza preminente, attraverso la sterilizzazione di uomini e donne “non ereditariamente sani”, non si ritrova solo nelle ideologie naziste.

Difatti il primo paese ad attuare una campagna per la miglioria della razza fu l’America con l’emanazione, nel 1924, della Legge “Johnson-Reed”, detta anche “Immigration Restriction Act”, con la quale si cercò di stabilire una distinta identità americana, favorendo alcune razze piuttosto che altre, al fine di mantenere la preponderanza razziale e, in tal modo, stabilizzare la composizione etnica della popolazione.

Inoltre, ancora prima degli esperimenti di Mengele, negli Stati Uniti erano state condotte delle campagne di sterilizzazione. La prima legge sulla sterilizzazione risale al 1907 in Indiana e fu poi adottata da altri 29 stati, in alcuni dei quali è rimasta in vigore fino al 1979. Si stima che in questo periodo circa 60000 americani siano stati sterilizzati senza il loro consenso e i destinatari erano soprattutto ospiti di manicomi, seguiti da albini, alcolizzati, talassemici, epilettici e immigrati. Divenne famoso il caso di Carrie Buck, internata a 17 anni in un manicomio con l’accusa di debolezza mentale e promiscuità, incinta dopo uno stupro.

La donna fece appello contro la sua sterilizzazione, ma la corte suprema si dichiarò favorevole sostenendo la necessità di ostacolare a soggetti non sani di procreare.

Beatrice Casella
Beatrice Casella
Laureata in economia internazionale e dello sviluppo, si è sempre appassionata del settore sanitario. Il tema della tesi di laurea triennale ha riguardato il tasso di mortalità infantile in Tanzania (paese dove ha vissuto alcuni anni). Per il suo master's degree si è concentrata sull'incidenza della politica e dell'economia nel garantire una salute globale. Praticante giornalista, ha lavorato a Milano con il Gruppo editoriale L'Espresso e attualmente lavora come Research Analyst per una società che si occupa di costruzioni sostenibili.

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